Dal diario di Adriana
Giorno 12
Oggi voglio dedicare una pagina del mio diario alla fila, sulla quale mi ero già soffermata omaggiando la capacità del popolo inglese di disporsi uno dietro l’altro alla fermata dell’autobus o in qualsiasi luogo che necessiti attesa. Io, come tanti italiani, questa mattina mi sono messa in fila fuori da un supermercato per un tempo incalcolabile. Dapprima ho giocherellato con il mio cellulare ma dopo un po’ non ho potuto fare a meno di apprezzare il valore sociologico dello studio della fila. Perché in quella riga – oggi era diventata una curva per quanti eravamo davanti al marciapiede – c’è davvero di tutto. C’è il sobillatore che di solito fa questo nella vita e trova nella fila uno stimolo ulteriore. C’è quello che capisce tutto prima degli altri o pensa di essere più furbo. C’è la persona saggia. C’è quella che si sente sola e infine confessa che «a casa mancavano poche cose perché la fila e la spesa l’avevo fatta ieri … ma.»
Il sobillatore
Il sobillatore è colui o colei, in questo caso, che sbircia per capire se davvero all’interno del supermercato si rispetti la regola della distanza e se l’invito a entrare uno per volta sia rispettato. La sobillatrice ha prontamente individuato un’altra donna che si attardava al reparto frutta e che non era stata vista entrare dall’ingresso principale. Apriti cielo. Almeno in due – tre l’hanno seguita nel suo delirio sin quando, da metà della fila, si è sentita una voce che mesta diceva: «signò, ringrazi il cielo che qui facciamo la fila… alcuni non la possono più fare.» Dopo tanta saggezza gli animi si sono placati ma è durato poco.
I rimproveri
La confessione della signora che soffre di solitudine ha immediatamente scatenato (del resto anche io ero innervosita) una ridda di rimproveri: «signò – è sbottato uno in tuta da ginnastica sbrindellata – perché non se ne sta a casa a vedere la televisione?» Poi c’è il furbo, quello che dinanzi all’invito a infilarsi i guanti di plastica dice: «sti guanti, so’ tutto un magna magna.»
Mi sarebbe piaciuto lasciare per tutta la mattina una telecamera nascosta sul piazzale per vedere come siamo o come siamo diventati. Ovviamente, io mi sentivo calma e diversa da loro, ubbidiente, leggermente distaccata e pronta a rimanere in fila per tutto il tempo necessario ma tutti vogliamo metterci una maschera, oltre che una mascherina. La verità è che nessuno di noi è abbastanza paziente e che questa incredibile quarantena ci dovrebbe far riflettere sui nostri vizi e sulle nostre virtù. Al quartiere Nomentano a Roma pare abbiano dovuto chiamare i carabinieri per ristabilire un po’ di disciplina nella fila. Spero che qualche sociologo – a inizio anno universitario – si ricordi di inserire nel suo corso lo studio della fila, vera rappresentazione di come pensiamo di essere e di come siamo realmente.