Dal diario di Adriana
Giorno 30
“I muri devono crollare, i ponti mai. Questo ponte deve infiammare il nostro immaginario”. Così l’architetto Renzo Piano aveva presentato il progetto del suo ponte destinato a restituire speranza alla città di Genova.
Promesse mantenute
Le immagini dell’ultimo impalcato di questa nuova struttura sembrano davvero gridare al miracolo. Intanto perché per la prima volta in Italia le promesse sono state mantenute. E poi per i tempi, davvero straordinari. Quelle 43 vittime reclamavano giustizia e portare a termine una nuova struttura così complessa in poco più di un anno dal crollo è stato davvero un atto di ribellione contro l’inerzia e la burocrazia.
Era il 14 agosto del 2018 quando il ponte si sbriciolò. Ero appena rientrata da una breve vacanza e in redazione fummo letteralmente travolti da una vicenda che sembrava impossibile. C’era il racconto di quelli che si erano salvati e che avevano visto altri morire. Un film dell’orrore. Il profumo del mare e della salsedine di spense nello spazio di 24 ore e ci trovammo a raccontare, chi in un ruolo chi un altro, una delle più assurde tragedia della storia moderna di questo paese.
Non si sono fermati
Perché, come spesso accade, si parlò anche di catastrofe annunciata, di controlli non effettuati, di incuria e di indifferenza da parte di chi invece dovrebbe vigilare sempre sulle nostre vite. Ieri il suono delle sirene ha avvolto Genova in una sola nota. Sui volti degli operai stremati dalla fatica è comparso un sorriso. Non si sono fermati nemmeno per l’emergenza Covid perché loro quel ponte dovevano portarlo a termine. Così ci hanno restituito un po’ di speranza.