Dal diario di Adriana
Giorno 26
Teresa ha scelto un rossetto intenso per la nostra intervista via skype. Luciana ha sistemato in particolare i capelli. Si avviano ai novanta le straordinarie signore che ho avuto modo di intervistare per alcuni spazi in tv in occasione di questo strano anniversario della liberazione dal nazifascismo. Si sono messe in gioco cercando di superare le difficoltà delle nuove tecnologie con pazienza e entusiasmo e, a dire il vero, mi sono commossa.
Del resto nella loro vita si sono confrontate con problemi decisamente più ardui. Teresa Vergalli, della zona di Reggio Emilia, ha iniziato a fare la staffetta partigiana a 16 anni. «Mio padre e mia madre non volevano, erano spaventati, e in effetti rischiavamo la vita. Nascondevamo le comunicazioni per i partigiani anche tra le trecce nei capelli ma se le staffette venivano prese potevano essere torturate e violentate.»
Disobbedienza civile
Luciana Romoli, di Roma, il suo primo gesto di disobbedienza civile lo realizzò addirittura a 8 anni. Erano appena state approvate le leggi razziali e quel giorno, racconta Luciana, in classe si presentò una maestra mai vista prima. Obbligò le bambine a scrivere sul diario una serie di insulti rivolti agli ebrei e poi legò le trecce di Debora, ragazzina ebrea, alla tenda della classe. Immaginate lo sconcerto e la paura. Luciana non solo si rifiutò con i suoi compagni ma iniziò una vera e propria campagna di volantinaggio per far sapere a tutti che cosa era accaduto. Fu espulsa dalle scuole del regno a soli 8 anni e a 13 si mise a disposizione dei partigiani.
Queste ribelli hanno fatto la storia sebbene delle loro gesta e del loro coraggio si è persa talvolta la memoria. All’indomani della guerra queste donne, le staffette e le combattenti, si recarono per la prima volta a votare. Le elezioni amministrative del 1946 furono il primo banco di prova e poi ci fu il referendum del 2 giugno. Vennero elette solo in 21 in una assemblea costituente di ben 556 maschi ma fecero pesare il loro ruolo anche nella stesura della Costituzione.
La battaglia non è ancora finita
Teresa e Luciana, con la loro grinta e la loro tenacia, ci ricordano però che la battaglia non è ancora finita e che troppo spesso, dopo la stagione dell’emergenza, si tende a respingere la donna nell’unica nicchia consolante di moglie e madre. Sono queste le ribelli di cui anche oggi abbiamo tanto bisogno.