Medea

Dal diario di Adriana

Un uomo porta i suoi due figli di 12 anni in montagna. Condividono la passione per i percorsi all’aria aperta con tappe ragionate e spirito di avventura. Ma nella notte entra nella loro stanza e li uccide strangolandoli. Alla moglie lascia un biglietto: Non li vedrai mai più.

Non è chiaro se abbia scritto prima il biglietto o se lo abbia fatto nei momenti successivi che non devono essere stati concitati. Me lo immagino mentre freddo e calmo si dirige verso il ponte dal quale decide di buttarsi. Come sempre i colleghi giornalisti si affannano a parlare di raptus e per rendere ancora più incomprensibile la  dinamica di quel gesto raccolgono dichiarazioni di mesta sorpresa da parte dei vicini di casa. Che, quindi, ne descrivono la correttezza, la gentilezza e la garbata preoccupazione per i propri figli.

È un atto terribile e di questo signor Medea al femminile non potremo dimenticarci per molto tempo. Come una madre e moglie possa sopravvivere a tutto questo è inspiegabile. L’orrore sui social si mescola agli insulti e, forse, non potrebbe essere diversamente. Fino a che questi gesti non verranno indicati con il nome che a loro spetta ovvero malattia mentale nella forma più grave avremo sempre a che fare con l’oscurità e l’inspiegabile.

Eppure – come ho avuto modo di constatare per scrivere i miei libri – la lucidità e la freddezza è quasi sempre un segno di malattia ancora più grave, nascosta e profonda, con segnali che sono difficili da cogliere. La coppia si stava separando e lo schema mentale di quell’uomo si è spezzato cancellando tutta una vita che pure aveva vissuto con quegli affetti. Ormai annullati, ormai carta straccia, come se stesso.

Dimenticavo. Oggi le tv si precipiteranno ad andare intervistare il parroco del paese che ci descriverà certamente un buon cristiano. La preghiera sicuro conforto per chi crede ma di certo non una barriera alla  malattia mentale. Quello che è accaduto si chiama pazzia, per favore parliamone.